FCA ai "Classic Days" di Schloss Dyck
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FCA ai "Classic Days" di Schloss Dyck



Dal 31 luglio al 2 agosto si svolgerà in Germania l'evento annuale "Classic Days", dedicato alle vetture del passato e ospitato presso il castello medievale Schloss Dyck, poco lontano da Düsseldorf. Al prestigioso appuntamento non poteva certo mancare FCA che offre ai visitatori - ne sono attesi circa  40.000 - l'opportunità di conoscere da vicino preziosi esemplari storici dei marchi Abarth, Alfa Romeo, Fiat, Jeep e Lancia che disputeranno le gare delle "Racing Legend" e quelle speciali intorno al suggestivo castello.  

In particolare, Abarth affronterà il circuito di circa tre km attorno al Castello Dyck con due auto da corsa della storica Formula Abarth e dell'attuale ADAC Formula 4 powered by Abarth. I colori di Alfa Romeo sono rappresentati da due autentiche leggende dell'anteguerra, la 6C 1750 e la 8C 2300, seguite dalla  Giulia TZ1 con telaio tubolare e carrozzeria in alluminio e dallaGiulia SprintGTA, una delle Gran Turismo di maggior successo degli anni 60. Fiat rende omaggio alla Mille Miglia con due versioni della Fiat 1100 che saranno accompagnate da un veicolo di assistenza del team Fiat Corse dell'epoca. Jeep partecipa all'evento con l'antenata di tutti i moderni fuoristrada, una Willys MB del 1945. Anche Lancia schiera tre gioielli di
assoluto prestigio, tutti provenienti dalla Collezione ufficiale: la Lancia D25, con cui il cinque volte campione del mondo di Formula 1 Juan Manuel Fangio partecipò al Tourist Trophy del 1954; un esemplare stradale della Lancia Stratos HF, con cui la Casa vinse per tre volte consecutive (dal 1974 al 1976) il  Campionato del mondo di rally;e la Lancia Flaminia Loraymo, è un esemplare unico del 1960 realizzato secondo i progetti dell'insigne designer americano Raymond Loewy.   

Inoltre, a conferma del fil rouge che da sempre lega le vetture del passato con quelle di attuale produzione, sono presenti alla manifestazione tedesca l'affascinante Alfa Romeo 4C, il crossover Fiat 500X e il SUV compatto Jeep Renegade.

Abarth
La leggenda del tuning Carlo Abarth disegnò agli inizi degli anni 70 un'auto da corsa per la Formula Italia, la nuova serie per giovani piloti dell'epoca. Per il progetto di sviluppo SE025 furono utilizzati il motore aspirato da 110 CV della Fiat 124S, il cambio della Lancia Fulvia, componenti del telaio della Autobianchi A111, lo sterzo della Fiat 128 e i freni a disco della Fiat 125. Dotata di telaio tubolare e di carrozzeria in plastica, la vettura pesa 450 kg e raggiunge i 200 km/h. Ai Classic Days del Castello Schloss Dyck, sarà presente l'esemplare con il numero di telaio 1, proveniente da una collezione privata, .

Al via anche il modello dell'attuale ADAC Formula 4 powered by Abarth, che conferma l'attenzione del marchio alle competizioni formative per i giovani piloti. Telaio in fibra di carbonio, comandi al volante e motore turbo da 1,4 litri - limitato per regolamento a 160 CV di potenza - rappresentano oggi lo stato dell'arte. Per la ADAC Formula 4 powered by Abarth si presenterà sulla griglia di partenza anche Mick Schumacher, il figlio 16enne del leggendario campione mondiale di Formula 1 Michael Schumacher. Le gare speciali all'insegna dello slogan "Racing Legends" attorno al Castello Dyck saranno disputate dal coetaneo olandese Job van Uitert con la vettura da Formula 4 di Provily Racing.

Alfa Romeo
Al Castello Dyck sarà presente una delle Alfa Romeo più affascinanti degli anni 60: una Giulia TZ1. Nella sua progettazione il capo disegnatore Giuseppe Busso si ispirò in gran parte alla tecnica del modello di serie all'epoca già in fase di sviluppo, la Giulia. Ma anziché una carrozzeria autoportante, come struttura pensò a un telaio tubolare che venne rivestito in alluminio della Carrozzeria Zagato. Da questa combinazione nacque il nome del progetto: Giulia Tubolare Zagato, in breve TZ, cui in seguito venne aggiunto il numero 1 per differenziarla dal modello successivo.

Zagato progettò una coupé di forma piatta con un caratteristico profilo a coda tronca, che prese il nome dal pioniere dell'aerodinamica Wunibald Kamm. Telaio e carrozzeria pesano insieme meno di 100 kg. Nel complesso furono costruite secondo i progetti di Zagato 109 Giulia TZ, equipaggiate per i clienti con motore di serie da 112 CV.

Il propulsore dell'auto da corsa fu sviluppato dall'ingegnere Carlo Chiti, che allo scopo costituì appositamente una società da cui nacque poco dopo l'Autodelta. Con il quattro cilindri da 1,6 litri, la vettura raggiungeva una potenza di 150 CV. Nel 1964 e 1965 la Giulia TZ1 riportò regolarmente vittorie nella propria categoria di cilindrata nelle corse del campionato mondiale su lunghe distanze.

Autodelta deve la sua vera e propria affermazione alla Alfa Romeo Giulia Sprint GTA, dove la lettera "A" sta per "alleggerita". Il peso a vuoto ridotto di circa 200 kg fu ottenuto con componenti della carrozzeria di appena 1,2 mm di spessore in Peraluman, una leggerissima lega di alluminio, zinco e manganese. Porte, cofano motore e tutte le parti non portanti della carrozzeria furono realizzati in alluminio.

Il motore da 1,6 litri dispone di doppia accensione e due carburatori Weber 45. La versione elaborata in fabbrica "Corsa" generava quasi 170 CV di potenza. La Alfa Romeo Giulia Sprint GTA che parteciperà ai Classic Days apparteneva una volta al pilota della Casa Ignazio Giunti.

Riflettori puntati anche su due leggendarie Alfa Romeo dell'anteguerra: la 6C 1750 e la  8C 2300. In particolare, la prima vettura fece furore nei primi anni 30 del secolo scorso. Il motore sei cilindri in linea che la spinge è un capolavoro di Vittorio Jano.. Dotato di doppio carburatore e di due alberi a camme in testa, che rappresentarono una sensazionale novità tecnica per l'epoca, il motore della 6C 1750 Super Sport spicca per il temperamento brillante con una potenza di 85 CV che, con compressore Roots, sale fino a 102 CV. Le carrozzerie delle auto della scuderia, ridotte all'essenziale per l'impiego nelle gare, erano di Zagato. Con una 6C 1750 Gran Sport il pilota della Casa Tazio Nuvolari vinse la Mille Miglia nel 1930.

Sulla base di questo rivoluzionario motore, Jano sviluppò anche un propulsore otto cilindri, costituito da due blocchi da quattro cilindri collegati fra loro, che fu denominato 8C 2300 in considerazione della cilindrata. A riempire in modo ottimale le camere di combustione con la miscela aria-carburante provvede un compressore Roots. La potenza arriva quasi a 180 CV.

L'Alfa Romeo dotò il motore 8C 2300 di due tipi differenti di telaio: nelle corse di durata come la 24 ore di Le Mans veniva utilizzata la variante a quattro posti, mentre la a due posti si aggiudicò vittorie al Gran Premio d'Italia nel 1931, al Grand Prix di Monaco nel 1932 e all'Eifelrennen nel 1932 - con il tedesco Rudolf Caracciola - e nel 1933. La Tipo 8C 2300 vinse inoltre tre volte la Targa Florio e nel 1934 la Mille Miglia.

Fiat
La leggendaria Mille Miglia vede da sempre come protagoniste nella lotta per la vittoria le auto sportive delle scuderie di Alfa Romeo, Ferrari o Maserati. Ma per la stragrande maggioranza dei piloti che si presentavano sulla griglia di partenza queste vetture erano spesso inaccessibili. Centinaia di privati partecipavano spesso con berline famigliari pressoché di serie. Ne è un esempio un'auto che Fiat presenta ai Classic Days del Castello Dyck: una Fiat 1100 a quattro porte del 1955. Il modello preparato per l'impiego sportivo ha un motore potenziato a 70 CV con freni a tamburo in alluminio.

Chi desiderava un'auto ancora più sportiva - e aveva a disposizione un maggior budget -optava per la Fiat 1100S. Nonostante la potenza del motore comparabilmente modesta, la Coupé aereodinamica a due porte costruita in soli 400 esemplari fu persino in grado di classificarsi nelle prime posizioni negli anni dal 1947 al 1949. Lungo il percorso attorno al Castello Dyck, Fiat mostra ai fan una versione speciale del 1948 con carrozzeria in alluminio. Il tema Mille Miglia è completato con un veicolo per l'assistenza anch'esso basato sulla Fiat 1100 che veniva utilizzato dal team della scuderia Fiat Corse.

Jeep
In merito all'origine del nome Jeep esistono diverse teorie. Una di esse vi ravvisa la sigla GP, abbreviazione di "General Purpose", colloquialmente trasformata in Jeep. In ogni caso l'idea di "uso versatile" rappresenta esattamente il concetto alla base del progetto di sviluppo che l'esercito statunitense commissionò all'inizio della seconda guerra mondiale alla società Willys-Overland: la Willys MB - ufficialmente Willys Jeep MB Truck, 1/4 Tonne, 4x4 - entrò in produzione come primo veicolo a trazione integrale della storia realizzato in grande serie. Fino alla fine della guerra la Willys-Overland ne produsse circa 370.000 esemplari.

L'indistruttibile quattro cilindri da 2,2 litri aveva una potenza di 60 CV, il cambio tre marce avanti. All'occorrenza era possibile inserire la trazione integrale. In questo modo il veicolo senza tetto si rivelava inarrestabile anche nel deserto o nella giungla. Su strada la prima Jeep raggiungeva i 100 km/h. Con un inserto speciale nel filtro dell'aria era persino in grado di attraversare guadi fino all'altezza della cintura.

Dopo la guerra, Willys-Overland sviluppò dalla Willys MB la versione civile CJ-2A. La "Civilian Jeep" è oggi ritenuta l'antenata di tutti i veicoli stradali con trazione integrale.

Lancia
Due importanti esempi delle molte specialità sportive legate all'automobilismo sono rappresentati da due veicoli che giungono a Schloss Dyck dalla Collezione Storica Lancia. La Lancia D25 fu costruita - in quattro esemplari - per il Campionato mondiale Vetture Sport., e fu dotata un motore 6 cilindri a V di 3,8 litri. Il modello presentato ai Classic Days, fu utilizzato dal grande campione argentino Juan-Manuel Fangio per partecipare al Tourist Trophy del 1954 in Irlanda.

La Lancia Stratos, invece, garantì alla casa il dominio assoluto del mondo dei rally fino a metà degli anni 70. All'epoca il direttore sportivo Cesare Fiorio sfruttò tutte le possibilità del regolamento. Sotto la sua direzione nacque la prima auto costruita per un solo ed unico scopo: vincere i rally. La due posti dalla linea cuneiforme ha una carrozzeria in plastica, e il suo sei cilindri da 2,4 litri originariamente proveniente dalla Ferrari, con una potenza che a fine carriera raggiunse i 300 CV, è situato alle spalle di pilota e copilota, allo scopo di ottimizzare il peso. 

Le regole del cosiddetto Gruppo 4 richiedevano una produzione minima di 500 vetture di serie in 24 mesi, prima che l'auto da rally che si basava su di esse fosse omologata per le gare. Il 1° ottobre 1974 Lancia convinse la federazione internazionale degli sport automobilistici FISA di aver raggiunto questo numero. Quattro giorni dopo la Lancia Stratos vinse la prima gara del campionato mondiale, nel 1981 l'ultima. Il piano di Fiorio aveva funzionato. Ovunque comparisse, la Lancia Stratos era praticamente imbattibile. Fra l'altro vinse per tre volte consecutive il rally di Monte Carlo e si aggiudicò tre titoli nel campionato mondiale costruttori (dal 1974 al 1976). Nel 1978 Walter Röhrl vinse con la Lancia Stratos diverse gare del campionato di rally tedesco.

Un'altra peculiarità del regolamento del Gruppo 4 era che per determinate modifiche tecniche dovessero essere certificate solo 100 vetture di serie. Lancia sfruttò questa opportunità per migliorare la Stratos con una testata a quattro valvole, uno spoiler sul tetto e un grande spoiler posteriore. Uno di questi modelli evoluti, ancora più rari, di color arancio brillante, farà risuonare il rombo caratteristico del V6 sul circuito attorno al Castello Schloss Dyck.

La terza vettura che Lancia presenta ai "Classic Days" ha un sorprendente parallelo con la Stratos - uno spoiler posteriore sul tetto. Ma è anche l'unica somiglianza che si può rintracciare fra la vincitrice di decine di rally e lo studio del 1960 battezzato Loraymo. Il prestigioso designer Raymond Loewy, che fra l'altro progettò anche la forma senza tempo della bottiglia di Coca Cola ed il marchio delle sigarette Lucky Strike, disegnò le linee della vettura e la fece realizzare per suo uso personale dal carrozziere torinese Rocco Motto.E infatti il nome Loraymo deriva proprio dal nome e cognome del designer. Oggi questo pezzo unico, sotto la cui carrozzeria in alluminio si nasconde la tecnica della Lancia Flaminia, fa parte della collezione della Casa.   




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